martedì 29 luglio 2025

Capitolo III ~ Rivelamenti

 


Suona di nuovo la sveglia, ma questa volta più tardi, perché è il mio giorno libero dal lavoro. Finalmente.

Sono le 10 in punto. Mi alzo, mi faccio una doccia e me la godo fino all'ultima goccia d'acqua rimasta, cercando sempre, in qualche modo, di non pensare.


Dopo la doccia mangio qualcosa e, mentre assaporo i miei cereali, mi viene in mente di invitare Evelyn. Ricordo che anche lei oggi ha il giorno libero. Almeno spezziamo un po' la routine.


"Ehi tesoro, t'andrebbe di venire da me oggi? Giorno liberooo"


Lei di solito risponde abbastanza in fretta, e infatti... mi vibra il telefono:


"Pizza, patatine, birra e film?"


Come non adorarla, quella ragazza. Capisce al primo colpo. Tra poco mi conosce meglio di me stessa.


"Alle 19 da me, t'aspetto con ansia"


E so già che per le 19 spaccate sarà qui. Sempre puntualissima.


Per ingannare il tempo ascolto un po' di buona musica: Cowboys from Hell dei Pantera. Strano da dire, ma... ci sono cresciuta con questo genere.


Il tempo, per fortuna, passa veloce.

Alle 19 in punto suona il citofono. Evelyn entra come se fosse casa sua, e in effetti... è bello così.

Vederla a suo agio con me. È praticamente l'unica persona che ho davvero vicina.

Adesso basta, che non sono una persona così sdolcinata, cazzo.


Tira fuori birre, una bottiglia di vino, popcorn, salatini e, per finire, del tiramisù. Sa che lo adoro.


Ci mettiamo comode sul divano mentre scegliamo un film da guardare. Indecisione più totale, come sempre.

Alla fine optiamo per Inception. Un film molto tranquillo... per la mente, direi.


Mentre guardiamo il film, Evelyn chiede con voce tranquilla:


- Ma a te capita mai di fare sogni assurdi ma così reali?


A quella domanda mi blocco un secondo.

Mi torna in mente da dove tutto è iniziato.

La prima volta.


- Evelyn... posso raccontarti una cosa?


- Avevo sei anni. Un migliore amico della mia stessa età. Si chiamava Jared. Lui era la mia metà. Era come un fratello per me.

Quel giorno ero seduta sul divano di casa a guardare i cartoni. Sgranocchiavo qualcosa. Tutto normale.

Poi, all'improvviso, un dolore fortissimo. Prima alla testa, poi in tutto il corpo.

Nella mia mente immagini offuscate, distorte. Ricordo dell'erba. Una strada. Della terra. Una pietra sporca di sangue.

Tutto è durato pochi secondi. Alla fine il dolore è passato, ma dentro... provavo un'angoscia assurda.

Pochi minuti dopo squillò il telefono. Mia madre rispose. Sentivo che parlava con voce bassa, tremante.

Non capivo cosa stesse dicendo.

Riagganciò. Si avvicinò a me. Si sedette accanto.

E con dolcezza, singhiozzando, mi disse: "Il tuo amico Jared... era in bici. È scivolato giù dalla strada... e ha sbattuto la testa su una pietra."

E mi strinse forte.

Io rimasi immobile. Basita. Non dissi nulla.


Rimasi sotto shock per settimane. Continuavo a pensare al dolore che avevo provato. A quelle immagini.

E anche se avevo solo sei anni, ero in quell'età strana dove non capisci... ma intuisci.

E io, dentro, l'avevo capito. Che quello non era normale.

Che era successo qualcosa che non doveva succedere.


Mi alzo dal divano per un altro bicchiere di vino.

Mi viene quasi da raccontarle quello che è successo... di nuovo.

Ma no. Non ancora. Non adesso.


- Mayra... ma questa storia - scusami il termine - fa venire i brividi. Lo sai che ti voglio bene, e che sono sincera con te.

Da piccola hai vissuto qualcosa di tremendo, e... non so nemmeno come spiegarlo.


- Ah, penso che una spiegazione non ci sia. Almeno, non una logica.

Scusa Ev, ti dispiace se vado a dormire? Sono mezza brilla e distrutta.


- Vai tranquilla, io sto benissimo qua. E grazie per avermi dato la mia coperta preferita.


Mi fa un sorriso enorme. Le mando la buonanotte e mi chiudo in stanza.


Mi siedo sul letto. La testa non si ferma. Pensa, pensa, pensa.

E arriva, come sempre, quella fottuta domanda: "Perché?"


Evelyn, intanto, dorme tranquilla nell'altra stanza.

Io apro il cassetto per prendere la mia cuffietta, ma sento un rumore.

Proprio da dove dorme Ev.

Mi alzo.

Vado a vedere.

Apro piano la porta.


Evelyn dorme profondamente sul divano.

Dietro di lei, una sagoma.

Immobilizzata, col fiato corto.


Con un coltello in mano.


Stava per-


(Continua nella prossima parte)



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